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Il Sommelier
di EtairosEuforos
18.08.2024 |
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"Sotto il tallone, era presente un accenno di screpolatura di colore giallastro, dovuta a sudore e secchezza dell’epidermide, tratto piuttosto comune..."
Il sommelierMarion quel martedì mattina era alle prese con le tre cose che contraddistinguevano le sue peggiori giornate. Era in ritardo, era accaldata, si sentiva uno schifo.
Districatasi nel traffico, stava attraversando il parco pubblico su un paio di décolleté nere, poggiava sul piedistallo di un tacco non troppo ambizioso. Grondava sudore dalla massa di capelli ricci, con gocciolone che le scivolavano dalla fronte fino alla punta del naso. Il trucco? Ormai un lontano ricordo, pensava con orrore.
Si lasciò scivolare su una panchina, arresa all’impossibilità di arrivare in tempo. Iniziò a cercare nella sua testa le possibili argomentazioni, le possibili scuse per la sua assenza. Le parole giuste da digitare per cercare di rimandare. Istintivamente, sollevò i piedi doloranti. Scivolarono via dalle scarpe con un leggero fruscio. Lo scafo lucido di quelle Louboutin si arenò abbandonato nella polvere.
Appoggiò i talloni sul bordo della panchina, mentre frugava nella borsa, cercando il cellulare. Finalmente più rilassata, sollevò entrambe le gambe, appoggiandole alla sua destra. Si distese sulla panchina in cerca di qualche minuto di relax, mentre cercava una scusa convincente per giustificare la propria defaillance.
Fu un momento improvvisamente di grazia. Il corpo si rilassò, mentre l’adrenalina defluiva, il battito cardiaco rallentava, i muscoli si rilasciavano. Sentì anche abbondante sudore colare dai suoi pori in vari punti del fisico, ma a quel punto non gli importava più nulla. Si strappò dai capelli lo chignon, che iniziava a pruderle e si concentro sulla scrittura, tamburellando con leggerezza sullo schermo del cellulare.
Avvertì un tocco caldo avvolgerle la pianta del piede. Istintivamente sobbalzò, prima di mettere a fuoco il volto che stava alla sua sinistra.
«Madonna Angelo, mi hai fatto venire un infarto»
L’uomo sorrise, accarezzandole il piede con una mano e appoggiando l’altra sulla panchina.
«Giornataccia?»
«Lasciamo perdere»
Le sollevò le estremità con delicatezza, si inserì appoggiandosi alla seduta e allo schienale della panchina, reggendo le sottili caviglie sulle cosce. Continuando a muovere le dita lungo la pianta.
«Mi hanno messo troppi appuntamenti a sto giro, e io ho pensato bene di metterci del mio cacciando anche l’aperitivo con Ale e Miki. Ovviamente non ci arriverò mai in tempo. Con sto caldo c’è da svenire. Mi dovranno scusare»
«Non devi essere troppo esigente con te stessa, la gente altrimenti ti cava anche il sangue di dosso. Devi imparare a ritagliarti i tuoi spazi»
«Temo di essere cronicamente incapace di farlo»
Angelo e Marion erano stati a lungo vicini di scrivania in ufficio, prima che lui decidesse di cambiare azienda. Dieci anni di lavoro insieme e anche di grande amicizia, con quel sotterraneo, piccante, inconfessato retroscena erotico che non si era mai concretizzato, perché lui era felicemente sposato da tempo e lei si era barcamenata a lungo tra relazioni stabili e instabili. Così si era creato quel sottile clima di complicità, nel lasciarsi andare talvolta a confessioni anche piuttosto calde, come a solleticare i reciproci desideri, oltre a dare e ricevere consigli spassionati. Era così che lei aveva appreso un dettaglio particolare della sessualità di lui, che l’aveva sempre incuriosita. In virtù di questo, aveva lasciato, senza alcun tipo di remora, che lui le toccasse la parte del corpo che in quel momento avvertiva come la più viscida e disgustosa.
«Io ti giuro, che sta tua cosa dei piedi non la capirò mai» ridacchiò divertita, mentre si godeva un comunque sontuoso massaggio.
«Beh io non capirò mai la tua dei vini, siamo pari»
«Non scherziamo, il sommelier è una nobile e seria attività con una lunga tradizione alle spalle e una tecnica altrettanto precisa. C’ho messo diversi mesi ad approfondire e imparare ad analizzare un buon vino strutturato»
«Io ad apprezzare un bel piede di donna ci ho messo tutta la vita».
Sollevò la gamba destra, e avvicinò le dita alle labbra. Iniziò la sua attenta osservazione. Lo conosceva a memoria, in tutti gli anni in cui avevano condiviso l’ufficio aveva trascorso ore a spiarne le forme, prima ancora di avere modo di confessare alla collega la propria attrazione. Tra una cosa e l’altra erano diversi mesi che non aveva avuto l’occasione di vederlo dal vivo, quindi fu come tornare in un bel luogo, a cui si era molto affezionati. Il piede era di modeste dimensioni, un 38. Non era tozzo, ma nemmeno troppo slanciato in lunghezza, caratterizzato da una buona carnosità soprattutto in pianta. A dispetto di questo, che generalmente indicava un profilo più robusto, il collo del piede era basso e snello. Anche le dita erano un buon compromesso tra eccessiva lunghezza e l’accenno appena sbozzato che contraddistingueva alcuni arti molto piccoli. Si estendevano per una media lunghezza, regolari, di taglio romano, con piacevoli nodosità alle articolazioni. L’alluce poi, notò, aveva una particolare, preziosa forma a lancetta: appuntito in cima e molto rotondo ai lati. L’unghia aveva una forma delicata, ma non molto sviluppata, con una radice rotonda, non a cuspide. Era picchiettata da due piccole lunule, biancastre, dai contorni morbidi, sulla trasparenza della cheratina priva di smalto. Il collo era solcato da una piacevole venosità, che sul fianco disegnava piacevoli zigrinature in rilievo. Gli archi non erano altissimi, ma pronunciati, sufficienti a disegnare con nettezza il profilo del tallone, evidenziato anche dalla tonalità di rosso più scuro della superficie d’appoggio della pelle. La parte interna aveva il colore della madreperla. Subito al di sotto della corona delle dita, una leggera zigrinatura giallastra segnalava la presenza di una piccola punta di pelle più dura, incuneata esattamente tra il secondo e il terzo dito. La pianta era larga e sembrava morbidissima, faceva venire voglia di tuffarci la faccia dentro. Quando lei arricciava le dita, improvvisamente si scomponeva in centinaia di onde grandi e piccole, e apparivano ancora più evidenti le linee che la attraversavano. Aguzzando ancora la vista, andò a seguire il sinuoso e regolare disegno delle impronte digitali, che si allargava sul piede come un invisibile mandala di beatitudine. Anche sopra, si soffermò sulle zigrinature e sulla superficie dell’epidermide. Notò che quelle in corrispondenza con l’articolazione delle dita erano di una rotondità perfetta, commovente. Le dita di medio spessore, erano dritte e leggermente tendenti alla conformazione a martello, una curva che ne accentuava la sensualità. Il quarto dito del piede sinistro era curiosamente un po’ deviato a sinistra nell’ultima falange, con l’unghia non perfettamente perpendicolare. Sul collo e sulla caviglia, novità del momento, aveva tre punture di zanzare, che sollevavano l’epidermide in una minuscola cuspide. Una era stata grattata, anche piuttosto selvaggiamente, ed era incoronata da un piccolo crosticino rossastro. Sotto il tallone, era presente un accenno di screpolatura di colore giallastro, dovuta a sudore e secchezza dell’epidermide, tratto piuttosto comune.
«Toglimi una curiosità. Tua moglie come l’ha presa?»
«Non lo so, ma so che adora essere trattata come una dea».
A questo punto, avvicinò il piede al naso e si immerse nel bouquet di aromi. Superato il familiare shock iniziale del Metantiolo prodotto dai brevibacterium, con il caratteristico odore, iniziò a discriminare le varie sfumature, e l’odore precipuo della pelle della donna. Un profumo delicatissimo, ambrato, che sembrava giocare a rimpiattino tra le tracce di sapone persistenti, l’odore del cuoio della scarpa, che persisteva a tratti nonostante il filtro del fantasmino. Quella goccia nell’oceano di fragranze era la personalità della donna, e gli piaceva andarla a cercare, nascosta tra i mille aromi, come vestiti da spogliare e da togliere, sotto cui si nascondeva la sua pura essenza animale.
«Sei completamente pazzo – rise Marion – probabilmente non sono mai stata più sudata e sporca di così, mi viene il vomito solo a guardarti».
«Beh non credo che la prima volta che hai assaggiato un barolo invecchiato di 60 anni ti sia piaciuto»
«Nessun sommelier comincia da un vino del genere»
«Nemmeno io infatti. I piedi di mia mamma, avvolti nel nylon, mentre si preparava per uscire»
«Nasce da lì la tua passione per il piede femminile?»
«Non so, non credo. Ho questo ricordo, ma non vi associo nessun impulso sessuale, solo curiosità. Io credo che sia più legato al fatto che fin da piccolo non mi hanno mai consentito di camminare scalzo, per questioni igieniche, associando così, paradossalmente, un fascino proibito al fatto di andare a piedi nudi. Credo nasca da lì. Poi noi siamo andati pochissimo al mare. Però la curiosità si è originata lì e si è sviluppata in modo più complesso in seguito, con lo strutturarsi della mia identità sessuale».
«Ma perché il piede? Cosa c’è di attraente in un piede. Capisco il culo, ancora, ancora. Ma il piede…»
«Non esiste una risposta a questa domanda. Io credo che il piede sia una parte del corpo in cui si incrociano tanti aspetti diversi che concorrono al suo strano fascino. Non è una parte del corpo tabù, si può mostrare liberamente, fa parte, in un certo senso, del nostro aspetto “pubblico”, meno del volto, ma allo stesso modo delle mani. Contemporaneamente però è una parte molto privata. È la parte di noi che sta a contatto con il terreno, che esplora il mondo, ne raccoglie ogni sporcizia. È una parte difficile da tenere pulita, spesso è sgradevole e maleodorante, ed è causa vergogna e vulnerabilità. È una parte che va rigorosamente preparata per essere esibita agli altri, diversamente, può creare imbarazzo. Nessuno è davvero tranquillo se è costretto, senza preavviso, a togliersi le scarpe davanti ad altri. È quindi un simbolo del nostro essere più autentico, privato, nascosto. Un piede spogliato a tradimento è come un velo che cade, un vestito che si slaccia e ti lascia nudo davanti al prossimo. Anche per questo, per questa sua natura autentica e senza filtri, adorarlo significa in qualche modo essere gelosi e curiosi dei lati più nascosti della persona, delle sue parti più laide e più squallide. Non avere paura né ripugnanza nell’avvicinare, ripulire, prendersi cura della parte più umile e greve del corpo. Anche per questo solo il piede della donna che si ammira e si desidera è attraente, e ogni altro appartenente a esseri non desiderabili è disgustoso. Poi, il piede non ha pollice opponibile, è una parte del corpo animale, che richiama al nostro stato selvaggio. Anche qui, sesso, autenticità. Racconta la nostra vulnerabilità, le nostre fragilità. È difficile avere un brutto piede, è talmente semplice il suo aspetto: ha cinque dita, un movimento arcuato, una caviglia. Eppure molte persone lo detestano, non lo amano, e senza alcuna vera ragione. Semplicemente lo vedono brutto, e lo disprezzano. Eppure è una delle nostre parti più indispensabili e quindi, più nobili. È il nostro ponte con il mondo, la nostra chiave di lettura del mondo, che legge lo spazio dove ci muoviamo. Amare il piede di una donna significa accettarla così come è, come natura l’ha creata. Con le dita cortissime e tozze e la pianta larga, o con un piede lungo e stretto e dita lunghe come dita di mani. Con un arco inesistente o talmente accentuato da assomigliare a una volta medievale. Trovarla irresistibile, anche quando ha tutta la polvere e lo sporco del mondo addosso».
«Certo, detta così sembra molto poetico» sorrise Marion, sollevando la gamba e pinzandogli il naso tra alluce e billuce.
«C'è qualcosa di profondamente impudico in una donna che improvvisamente esibisce le piante dei piedi. Quasi osceno, come un uomo che venga colto nel momento successivo all’eiaculazione, con il grembo ancora grondante seme e il pene ancora scosso da fremiti. Come una donna che allarghi le proprie terga per mostrare il proprio orifizio anale. In maniera più sfumata, è lo stesso meccanismo. Vedere la pianta di un piede è in realtà un evento raro: lo si può fare a letto, o in situazioni di quotidianità che presuppongono già un’intimità con quella persona, o una confidenza, come essere ospiti a casa o condividere degli spazi. Io credo che sia anche per questo che la vista di un piede nudo, provoca sempre un’emozione. Io ho sempre trovato molto affascinante questo ponte con i propri istinti generato da una parte del corpo così comune e innocua. Mi sono spesso chiesto se non fosse proprio questa preziosità a innescare la passione segreta, il collezionismo visivo. Mi chiedo se in terre più calde, dove il piede nudo è una vista comune e quotidiana, sia diffusa come in queste terre di forti stagionalità, dove per la maggior parte dell’anno le persone nascondono i propri piedi in scarpe»
«Effettivamente questo è un interrogativo interessante a cui non saprei rispondere. Io penso che in una certa misura la passione per i piedi sia patrimonio comune, anche delle donne. Altrimenti perché passeremo il tempo a portare questi strumenti di tortura?» Indico il tacco 12 riverso nella sabbia sotto la panchina.
«Lo penso anch’io. Penso che, come in tutto, sia la misura a fare la differenza. La rete ha consentito di sdoganare questa cosa, tanti che avevano questo kink, che la maggioranza della gente percepisce come una stranezza, di uscire alla luce del sole. Il lato della medaglia opposto è che per molti è diventato oggetto di un ludibrio continuo e disgustoso, sull’onda di infiniti meme. C’è chi ci ha messo del suo, diventando gratuitamente ossessivi, imbarazzanti. Questa è l’umanità, tuttavia. È un peccato perché, nella giusta misura, è una passione da intenditore, che può solo dare ulteriore valore alla donna e allenare chi la pratica con gusto a dare attenzione anche ai minimi dettagli, sia nel proprio comportamento che in quello altrui»
Marion taceva, abbandonata sullo schienale della panchina. Le dita di lui stavano passando su un punto particolarmente sensibile della sua pianta, correndo sul lato interno dell’arco e la stimolazione le stava causando sensazioni di estrema gratitudine.
«Che meraviglia Angelo, ma perché non ne ho mai approfittato in passato? Sei veramente un fuoriclasse»
«Beh, puoi sempre rimediare. Vienimi a trovare ogni tanto. Potresti insegnarmi a trovare la beatitudine in un sorso di Chateaubriand del 2018…». Marion chiuse gli occhi per godersi la fresca brezza che si stava alzando. Sì, decise che quell’amicizia era un tratto da riscoprire.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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